“Il Vecchio Borgo” si trova in provincia di Reggio Emilia, ma piuttosto vicino al confine con il modenese, in un sito con una lunga storia e nei pressi di notevoli bellezze naturali. Di seguito troverai un “assaggio” di questo nostro territorio.

Il clima

Così come le altre provincie emiliane, anche la provincia di Reggio Emilia presenta forti differenze climatiche tra la pianura e l’area appenninica: nella prima, l’estate è generalmente umida e afosa, con massimi termici che superano i 30°, generalmente in luglio; nella seconda il clima è più fresco e asciutto. L’inverno evidenzia nella pianura fitte nebbie, anche se limitate a brevi periodi e associate a temperature inferiori a 0°; sull’appennino la neve può rimanere fino ai mesi primaverili inoltrati.

Le “case a torre”

Una particolarità del nostro territorio sono le case a torre. A partire dal secolo XIII-XIV, l’appennino, e in particolare la zona collinare si arricchisce dapprima delle case-forte, poi delle case-torre, discendenti dirette dei più antichi modelli feudali di cui richiamano le finalità difensive. La casa-torre costituisce l’elemento dominante e il nucleo di aggregazione delle case dei borghi. Le forme più antiche sono in genere massicce, con ampia pianta quadrangolare. Articolate su tre piani o più piani con funzioni pluriuso, comprendono nell’ordine i ricoveri per animali, la residenza e la colombaia superiore. Le luci sono piccole e rade con ingresso sopraelevato cui si accede da scala esterna, per lungo tempo retrattile. Le mutate condizioni di vita, conseguenti alla maggiore sicurezza e benessere, riducono le esigenze difensive: tra la metà del secolo XV e la metà del XVII secolo si assiste a un grande sviluppo della casa-torre, che in questo periodo assume un aspetto più aggraziato. Viene introdotto l’uso del laterizio, sapientemente integrato con la tradizionale muratura in pietra; le cornici di gronda e i cordoli delimitanti le colombaie sono individuati da composizioni in laterizio disposto a dente di sega o a “T”, intercalando le aperture di accesso per i volatili con i posatoi e i caratteristici rosoni. Ai quattro angoli del fabbricato sono murati dei coppi smaltati a colori vivaci per impedire la risalita dei roditori alla colombaia. All’elemento originario della casa-torre si articolano altri corpi di fabbrica, sia come ampliamento della residenza, sia a uso stalla, sia di ricovero di servizio per le attività dei campi.

Nei secoli XVII-XVIII, compare anche la copertura ad altana, con tetto a due falde; progressivamente le strutture si riducono, venendo utilizzate solo come colombaie e magazzino per attrezzi e prodotti agricoli. Le forme più tarde, ottocentesche, perdono infine completamente i caratteri originali, riducendosi a semplici appendici in vertice alle coperture, o a elementi isolati di servizio nella campagna. Le case a torre sono diverse decine in tutta la provincia. (disponibile presso l’agriturismo ulteriore materiale illustrativo).

Montebabbio

Ci sono piccoli paesi di cui non abbiamo mai sentito parlare. Possono essere però luoghi meravigliosi dove a detta dei più non c'è niente, ma dove si sta divinamente. Secondo noi Montebabbio appartiene a questi piccoli paesi.

La frazione di Montebabbio in comune di Castellarano si presenta come un borgo arroccato su un colle, di impronta medioevale. Di quell’epoca resta, dell'antico castello, una torre slanciata che domina la vallata del torrente Tresinaro. La villa di Montebabbio è nominata fra quei luoghi in cui la Chiesa di Reggio possedeva beni fin dal secolo XI. Numerosi sono i passaggi a vari signori in epoca medievale, pur essendo entrato questo territorio nelle disponibilità degli Estensi. Dal Duca Borso fu ceduto nel 1452 a Feltrino Boiardi. Estinta questa famiglia nel 1560 il feudo fu acquisito dalla Camera Ducale. Solo nel 1687 fu assegnato alle famiglie Prini e Cabrietti cui rimase, insieme a Lorano, fino alla soppressione dei feudi. Montebabbio era Contea con una propria adunanza di Reggenti formando con Lorano un solo Comune. Alla fine del Settecento comprendeva 370 abitanti. Dopo la restaurazione estense entrò a far parte del Comune di Castellarano.

La prima notizia della Chiesa di S. Nicolò risale invece al 1256. Nei primi decenni del Seicento la chiesa fu completamente restaurata insieme alla canonica. Attualmente presenta una facciata con parte centrale elevata con trifora al centro, affiancata dai due corpi laterali più bassi. Come sussidiaria della parrocchiale si trova anche un oratorio dedicato alla Beata Vergine della Neve posto tra Montebabbio e Ca' de Grimaldi. Dell'antico castello, come si diceva all’inizio, rimane l’imponente torre; questa presenta una struttura slanciata con paramento di base a scarpa, coronata da merlatura ghibellina a coda di rondine. Il borgo del Castello sorge su un piccolo colle di roccia arenacea dominante la valle del torrente Tresinaro, conservando caratteristiche tipologiche ed ambientali, soprattutto nell'arroccamento degli edifici, quasi a baluardo, presso la torre.

Il territorio di Montebabbio comprende le seguenti borgate, tra loro collegate da antiche strade: Castello, Monte Vinci, Pradivia, Sabbioni, Ca’ de Grimaldi, Canicchio, Telarolo, Viole, Lorano, Gambarata, Montecaria, Spallanzano, Casa Bedeschi e Barca.

Il suo nome trae probabilmente origine da “mons sabuli”, monte di sabbia, poi volgarizzato in “mons babuli”.

Il recente ritrovamento delle fondamenta di una chiesa a tre navate risalente alla fine del secolo XI, nei pressi della torre, ha fatto plausibilmente ipotizzare che ivi si trovasse l'originaria pieve di S. Eleucadio, successivamente (XIII secolo) spostata di località a S. Valentino a seguito della sua distruzione dovuta alla debolezza geologica della roccia arenaria sulla quale era stata costruita. Risale al 1279 la prima menzione di Montebabbio come comune.

Con la rivoluzione francese vengono aboliti tutti i feudi e da quel momento Montebabbio segue le vicende della repubblica Cisalpina e Cispadana fino a pervenire al Regno d'Italia napoleonico. Ulteriori notizie si possono rintracciare su (https://it.wikipedia.org/wiki/Montebabbio)

La pieve di San Valentino e il Beato Rolando Rivi

La Pieve di San Eleucadio (Vescovo di Ravenna morto nel 3°secolo) è una delle più antiche della Diocesi di Reggio Emilia. È nominata per la prima volta nell’anno 980, ma la sua fondazione con impianto romanico tra i più belli della provincia risale al VII secolo. Di questo primo periodo rimangono alcuni capitelli delle colonne lungo la navata principale.

Nel 1626, al titolo di San Eleucadio, fu aggiunto quello di San Valentino Martire (Prete Romano che subì il Martirio nel 270) e col passare del tempo è invalso l’uso di chiamare la chiesa col titolo di questo santo ponendo in secondo piano la denominazione originaria.

Con la beatificazione è stata data nuova sistemazione alla sepoltura di Rolando Rivi, precedentemente collocata nella piccola cripta sotto il pavimento della chiesa. Le spoglie del martire il 4 maggio 2014 sono state poste in un’urna di vetro collocata sotto la mensa dell’altare maggiore. L’urna è protetta da un bassorilievo di legno scolpito a mano dalla scuola di arte sacra Ferdinando Perathoner di Ortisei. In un locale a fianco della Pieve di San Valentino si può visitare il Museo Rolando Rivi. Lo scopo dell’iniziativa è quello di aiutare i molti pellegrini a conoscere meglio l’ardente testimonianza di fede del seminarista martire. E’ un percorso che avviene attraverso pannelli di grande impatto visivo, con scritte, testimonianze, immagini dei luoghi e dei protagonisti, disegni, documenti storici. Vi è anche uno spazio con le pubblicazioni dedicate al seminarista martire e il registro dove i fedeli possono scrivere intenzioni di preghiera, richieste di intercessione o annotare le proprie riflessioni suscitate da questo piccolo, ma gigantesco testimone della fede. Il Museo rimane aperto nei giorni e negli orari di apertura della Pieve di San Valentino. Per informazioni, prenotazioni visite guidate, apertura in orari o giorni in cui la Pieve di San Valentino sarebbe chiusa, rivolgersi alla segreteria della parrocchia 0536/850127, dal lunedì al sabato dalle 8,30 alle 12,30 o consultare il sito internet (http://www.pievesanvalentino.it/it/ e http://www.rolandorivi.eu/)

Castellarano

Veniamo ora a parlare del comune ove si trova il nostro agriturismo. Numerosi reperti archeologici confermano che Castellarano, importante comune della bassa valle del Secchia, fu abitato fin dal neolitico; lo testimoniano resti di palafitte, utensili e di una terramare dell’età della pietra. Fu sicuramente colonia, prima, dei Liguri poi degli Etruschi, dei Galli Boi, sicuramente dei Romani e, alla decadenza di questi ultimi, dei Longobardi la cui presenza è, senza ombra di dubbio, testimoniata dal ritrovamento di tombe e corredi funebri. Ai Franchi, che si avvicendarono ai Longobardi, succedettero i Canossa, prima con Bonifacio, poi con la figlia Matilde. Nel 1187 Castellarano giurò fedeltà al Comune di Reggio, il quale era particolarmente interessato al controllo del canale che derivava le acque dal Secchia, indispensabili per alimentare le fogne e le industrie tessili e molitorie della città. Dopo le sanguinose lotte che contrapposero Guelfi e Ghibellini, Castellarano passò nel 1319 ai Da Roteglia per un secolo fino al 1419, anno in cui fu occupata dagli Estensi. Nel 1453 il Duca Borso d’Este infeudò il Conte Lorenzo Strozzi (vedi stemma in pietra sulla “Porta” della Torre della Rosa). Nel 1501 Ercole d’Este diede in feudo Castellarano, con San Martino in Rio e Campogalliano al fratello Sigismondo del ramo cadetto degli ESTE-SAN MARTINO la cui famiglia governò fino al periodo napoleonico. L’ultimo feudatario di questo ramo cadetto fu Carlo Filiberto II (1732-1752) che trasformò la Rocca in palazzo signorile con giardini e fontane che ricevevano acque dall’acquedotto “Romano” costruito appositamente. Castellarano tornò agli Estensi dopo il Congresso di Vienna rimanendovi fino all’Unità d’Italia.

Per maggiori informazioni sul Comune di Castellarano si invita a collegarsi al sito www.comune.castellarano.re.it

Sassuolo

Andiamo ora a Sassuolo, il più grande ed importante centro nelle vicinanze della nostra azienda: Sassuolo (Sasôl in dialetto modenese) è un Comune di 40 780 abitanti della provincia di Modena in Emilia-Romagna.

Situato al confine con la provincia di Reggio nell'Emilia, il paese è noto principalmente per la produzione della ceramica e della piastrella, settori che rendono Sassuolo uno dei maggiori centri industriali dell'intera regione. Si stima che l'80% delle piastrelle italiane siano prodotte nel distretto ceramico di Sassuolo, e che circa i tre quarti della produzione siano destinati al mercato estero, con un fatturato complessivo di oltre 4 miliardi di euro.

Il territorio di Sassuolo, in parte pianeggiante e in parte collinare, è situato nella media valle del fiume Secchia, sulla sua destra idrografica. I rilievi caratteristici della zona sono i calanchi, costituiti da argille scagliose a giacitura caotica, la cui formazione è provocata dall'erosione del terreno.

La presenza del calanco costituisce uno dei motivi principali per cui lo sviluppo economico e industriale nel dopoguerra è stato così forte. L'argilla è infatti la fonte di reddito principale di Sassuolo, poiché agevola la produzione della ceramica.

Sassuolo, situato a circa 16 km a sud-ovest di Modena, è il capoluogo dell'Unione dei comuni del Distretto ceramico, un ente locale costituito anche dai comuni di Fiorano Modenese, Formigine, Frassinoro, Maranello, Montefiorino, Palagano e Prignano sulla Secchia.

Il borgo di Sassuolo viene citato per la prima volta in un atto notarile del 980, ma dai numerosi reperti archeologici di epoca romana rinvenuti nella zona di Montegibbio si deduce che abbia un origine molto più antica.

Sulla ricchissima storia di Sassuolo e sulle sue maggiori evidenze artistiche ed architettoniche, consigliamo di vedere la relativa pagina di Wikipedia (https://it.wikipedia.org/wiki/Sassuolo).

Venendo a parlare invece di specialità locali, c’è da farsi venire l’acquolina in bocca. Qui troviamo infatti il sassolino, liquore all'anice la cui origine risale al 1804, è opera di alcuni droghieri svizzeri provenienti dal Cantone dei Grigioni che si trasferirono a Sassuolo e fondarono la distilleria Bazzingher, ora Stampa. Quest'ultima, assieme alla distilleria Caselli del 1860, produce ancora oggi il sassolino. La distilleria Roteglia, nata nel 1848, produce invece il nocino, altro liquore tipico del territorio.

Il tiramolla, zucchero caramellato tipico delle feste pasquali, è esclusivamente sassolese. La sua preparazione viene mostrata al pubblico una sola volta all'anno, il giovedì santo, durante la processione del Santissimo Crocifisso.

Come nel resto del modenese, tipici della zona sono il gnocco fritto, le crescentine (o tigelle), la "stria" (una tipica focaccia), il bensone (al busilaun), i tortellini, lo zampone, il parmigiano reggiano e il cotechino. Nonostante sia una specialità reggiana, è molto popolare a Sassuolo anche l'erbazzone.

Come già accennato, la città è famosa a livello internazionale per la produzione delle piastrelle di ceramica; la più antica ceramica di Sassuolo risale al 1741.

Nel territorio di Sassuolo sono presenti diversi itinerari che permettono non solo di ammirarne il paesaggio, ma anche la storia, i monumenti e le tradizioni. Uno dei più conosciuti e frequentati è il Percorso Natura del Secchia da Sassuolo a Pescale, sottoposto nel 2002 ad un intervento di riqualificazione che lo ha reso oggi meta di ciclisti, appassionati di jogging e passeggiatori. L'itinerario permette di addentrarsi in tutta tranquillità nella natura che costeggia il fiume Secchia. Il punto di partenza è fissato in via dei Moli, dal cui parcheggio è consigliato prendere il sentiero in direzione sud attraverso il centro abitato di San Michele dei Mucchietti, fino ad arrivare alla diga di Castellarano, in provincia di Reggio nell'Emilia, da dove è possibile continuare in un altro sentiero in direzione di Ponte Pescale, attraversare la diga e raggiungere il centro storico di Castellarano, oppure proseguire nel percorso principale tenendo la destra e affiancando la sponda reggiana del Secchia. Una recente passerella ciclo-pedonale, inaugurata nel giugno 2010, permette poi di ritornare al punto di partenza, sulla riva modenese del fiume.

Un altro itinerario è la Via dei Vulcani di Fango, percorso comunemente noto come quello delle Salse di Nirano, inaugurato ufficialmente nel 2015, il quale comprende, oltre a Sassuolo, i comuni di Fiorano Modenese, Maranello e Viano. Il fenomeno delle Salse di Nirano, nonostante non sia raro in Italia, essendo presente anche in altre località emiliane e venete, è comunque quello più noto agli storici e agli studiosi, i quali lo studiano con molto interesse sin dall'antichità. Nel comune di Sassuolo, le Salse sono presenti nella frazione di Montegibbio, più precisamente in località La Campagna, a 275 metri di altitudine. La prima citazione di queste Salse risale all'anno 77, quando Plinio il Vecchio ne parla nel suo Naturalis historia. Altri autori, nei secoli successivi, tennero traccia di tutte le eruzioni provocate dall'attività delle Salse di Montegibbio, l'ultima delle quali avvenne nel 1835.

Scandiano

A breve distanza dal nostro agriturismo, un altro centro importante è Scandiano (Scandiân in dialetto reggiano): è una città di 25.483 abitanti della provincia di Reggio Emilia. È il terzo comune più popoloso della provincia dopo il capoluogo e Correggio.

Ha dato i natali ad alcuni importanti personaggi della storia italiana come Matteo Maria Boiardo, Lazzaro Spallanzani, Cesare Magati, Romano Prodi e il fotografo Luigi Ghirri.

L'abitato di Scandiano dista 13 chilometri dal capoluogo e si sviluppa fra il margine della collina reggiana e l'alta pianura, sulla riva destra del torrente Tresinaro.

I ritrovamenti storici più antichi rinvenuti nel comune di Scandiano risalgono al Neolitico. Fra questi il più importante è la Venere di Chiozza, oggi custodita presso il Museo civico di Reggio Emilia. L'attuale insediamento abitativo fu fondato da Gilberto Fogliani nel 1262 con la costruzione del castello attorno al quale si svilupparono alcune abitazioni. Inizialmente costruito con scopi difensivi, fu trasformato successivamente in dimora signorile dalla famiglia Boiardo (1423-1560) ed infine in palazzo rinascimentale dai marchesi Thiene (1565 - 1623), dai Bentivoglio e dai principi d'Este (1645-1726).

Tutta la storia di Scandiano e della sua gente si è svolta all'interno del castello. In una stanza del primo piano dell'edificio, nacque il poeta Matteo Maria Boiardo; nei sotterranei era solito compiere i suoi esperimenti il grande Lazzaro Spallanzani. Alloggiarono al castello il poeta Francesco Petrarca, il riformatore Giovanni Calvino e Papa Paolo III.

Anche in questo caso, per la storia del comune e le sue particolarità artistiche e naturalistiche, consigliamo di collegarsi a (https://it.wikipedia.org/wiki/Scandiano).

La casa natale di Lazzaro Spallanzani, oggi adibita ad uffici comunali e sede del Centro Studi Matteo Maria Boiardo, è stata dichiarata monumento nazionale il 16 novembre 1939.

Piazza Fiume, nota fra gli abitanti come Piazza Padella, è collocata a fianco dell'antico castello. Essa si sviluppa nello spazio un tempo occupato dalle antiche contrade che furono demolite nel 1915. Nel lato sud-est della piazza è collocata Casa Almansi sede dell'antico Ghetto degli Ebrei e della Sinagoga.

Nel territorio comunale è sito l'Osservatorio astronomico "Lazzaro Spallanzani".

Maranello e la Ferrari di F.1

A pochi chilometri dall’agriturismo si trova Maranello (Maranèl in dialetto modenese) che è un comune con oltre 17.000 abitanti della provincia di Modena, situato a sud del capoluogo e conosciuto da tutti gli appassionati di motori perché sede dal 1943 dello stabilimento Ferrari, la prestigiosa casa automobilistica fondata dal modenese Enzo Ferrari.

Turisti e tifosi vengono da tutto il mondo per visitare il Museo Ferrari, dove sono esposti modelli storici e motori di auto sportive e da competizione, oltre a trofei e coppe, tute e caschi di piloti che documentano la storia di una delle più antiche scuderie di Formula 1.

Il Museo Ferrari di Maranello racconta la Ferrari di oggi e di domani, affondando le radici nella straordinaria storia del Cavallino Rampante. Ad una esposizione permanente dedicata alla Formula 1 ed ai Campionati del Mondo dove, oltre alle monoposto, al “muretto box” si può capire cos’è la telemetria e come guida un pilota in corsa, si aggiungono cinque sale che propongono mostre tematiche di grande interesse.

Per i visitatori, molte altre attrazioni: una Sala Cinema con proiezione continua di filmati a tema, i simulatori di Formula 1, semiprofessionali per gli adulti e ricavati da autentiche Formula 1 per i bambini e ragazzi; la possibilità di misurarsi in un vero cambio gomme, i maxischermi per i Gran Premi, un grande Ferrari Store e l’accogliente caffetteria.

Anche in questo caso, per maggiori informazioni si può consultare il sito (https://it.wikipedia.org/wiki/Maranello e http://www.maranello.it/)

Le Terme della Salvarola

Sulla collina di Sassuolo, vicino a Modena, si trovano le antiche Terme della Salvarola, uno dei centri termali più conosciuti ed amati dell’Emilia Romagna e di tutta Italia per le sue acque uniche e speciali, utili sia per cure fisioterapiche e riabilitative, che per trattamenti energetici e di bellezza.

Le acque “divine” della Salvarola, salsobromoiodiche e solfuree, erano conosciute e utilizzate per trattamenti benefici già in epoca romana.

Per la storia e per approfondimenti (http://www.termesalvarola.it/terme-della-salvarola.htm)

La Pietra di Bismantova

La Pietra di Bismantova viene citata da Dante Alighieri nel quarto canto del Purgatorio nella Divina Commedia. Secondo alcuni commentatori il poeta avrebbe visitato personalmente il luogo nel 1306, mentre si recava da Padova alla Lunigiana, e ne avrebbe tratto ispirazione per la descrizione del Monte del Purgatorio.

La Pietra di Bismantova è quel massiccio roccioso dall'inconfondibile ed isolato profilo a forma di nave che contraddistingue il paesaggio dell'Appennino Reggiano. Con una lunghezza di 1 km, una larghezza di 240 m ed un'altezza di 300 m, sull'altopiano che le fa da base, è un gigantesco esempio di erosione residuale.

Per quanto riguarda la vegetazione, la Pietra è caratterizzata da ambienti molto differenti fra loro, che comprendono una grande varietà di situazioni.

Queste particolarità rendono la Pietra un elemento del paesaggio così unico e rappresentativo, che è diventato oggi un emblema di questi luoghi, impresso nell'immagine identitaria delle genti che li abitano e dei visitatori che li indagano.

Ai piedi della Pietra nel XVII secolo fu edificato il tuttora esistente eremo benedettino con annessa chiesa. Nella zona dell'eremo si è abbattuta il 13 febbraio 2015 una frana di grandi proporzioni, senza danni alle persone.

Nel 2010 la Pietra di Bismantova è stata inserita definitivamente nel territorio del Parco nazionale dell'Appennino tosco-emiliano.

La prima ascesa alpinistica è attribuita a Carlo Voltolini, che scalò in solitaria la Pietra di Bismantova nel 1922. Tra la fine degli anni 1960 e la metà degli anni 1970 vennero aperte molte nuove vie. Alla fine degli anni 2000 l'arrampicata sportiva è ancora la pratica prevalente, ma si nota una ripresa dell'arrampicata in artificiale.

Dal 1971 è inoltre presente una via ferrata, la via ferrata alla Pietra di Bismantova, detta anche “Via ferrata degli Alpini”.

Le notizie sulla Pietra si possono approfondire cliccando (http://www.parcoappennino.it/pagina.php?id=42 e https://it.wikipedia.org/wiki/Pietra_di_Bismantova).

Le Terre di Matilde di Canossa

Per approfondire: (https://castelliemiliaromagna.it/it/castelli-di-canossa)

Da Reggio l'itinerario classico

Partendo da Reggio Emilia si può percorrere l’anello matildico classico raggiungendo Quattro Castella attraverso i comuni matildici di Cavriago e Bibbiano. Si prosegue per Canossa. Prima di Canossa si ammira la chiesetta della Madonna della Battaglia, eretta da Matilde a ricordo dello scontro vittorioso con le milizie imperiali nel 1092. Dopo la visita di Canossa e del vicino castello di Rossena, il ritorno può avvenire attraverso Cavandola e Votigno, borgo ricostruito nella pietra locale e ora importante centro di spiritualità buddista. Da Votigno si scende a Pecorile per raggiungere poi la SS 63 in direzione di Reggio. Poco prima di Reggio Ville d’Este, collocata in mezzo a un laghetto artificiale, Rivaltella e i resti della villa ducale di Rivalta.

Da Reggio un itinerario orientale

Un interessante itinerario matildico si snoda sul lato di sud-est della provincia di Reggio. Si parte dal capoluogo e si raggiunge Albinea. Dopo pochi chilometri ci accoglie Scandiano, il secondo centro per importanza della provincia. Oltrepassato il comune matildico di Casalgrande si raggiunge Castellarano, che conserva un ampio borgo storico circondato da mura.

Da Modena lungo la val Secchia

La provincia modenese ha propri monumenti riconducibili al ricordo di Matilde di Canossa. In particolare, un itinerario matildico modenese dovrà partire dalla celeberrima abbazia di Nonantola per risalire, lungo le valli del Secchia e del Dragone, a Montefiorino, Palagano e Frassinoro.

Da Parma lungo la valle dell'Enza

Da Parma si raggiunge Montechiarugolo (castello). Si prosegue per Neviano degli Arduini fino a raggiungere la Pieve di Sasso. Si continua verso il comune matildico di Palanzano dal paesaggio ormai spiccatamente montano per poi passare sul lato reggiano della valle attraversando il ponte sull’Enza nei pressi di Vetto. Ritornando a nord si scende costeggiando il fiume e incontrando (località Selvapiana, strada provinciale per Gombio-Felina) il Tempietto del Patrarca e, poco oltre, la Riserva Naturale della Rupe di Campotrera. Si sfiorano i castelli di Rossena e Canossa. Ritornati sulla fondovalle si prosegue per S.Polo (rocca e pieve di Caviano) per ritornare nel parmigiano al ponte di Montecchio.

Il Parco Nazionale Appennino Tosco Emiliano

Tra i passi della Cisa e delle Forbici, i crinali boscosi che separano la Toscana dall'Emilia lasciano il posto a un ambiente di vera montagna. Le vette dell'Alpe di Succiso, del Monte Prado e del Monte Cusna superano i 2000 metri, le foreste lasciano il posto alle rocce, ai laghi e alle praterie d'alta quota. Più in basso, sul versante emiliano, l'inconfondibile Pietra di Bismantova domina il paesaggio con le sue pareti verticali. Il Parco Nazionale dell'Appennino Tosco Emiliano vanta una straordinaria ricchezza di ambienti, dalle praterie alle brughiere a mirtillo alle vette più impervie; e ancora laghi, cascate, specchi d'acqua, pareti rocciose che si stagliano a picco sui torrenti; animali come il lupo, il muflone, il capriolo, l'aquila reale e rarità botaniche che fanno di intere zone veri e propri giardini botanici naturali.

Prima c’era ill Parco del Gigante, una volta noto come Parco regionale dell'Alto Appennino Reggiano. Il nome "del Gigante" derivava dalla forma della vetta più importante, il Monte Cusna, che vista dalla pianura ricorda la figura di un uomo sdraiato. A seguito dell'istituzione del Parco nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano, nel 2005 il Parco regionale è stato soppresso e l’area è stata compresa nel Parco nazionale. A comporre il territorio del Parco nazionale hanno concorso, in ambito emiliano, oltre a gran parte del Parco del Gigante, l'alta valle del torrente Parma e l'isolata mole della Pietra di Bismantova con i vicini Gessi Triassici del Secchia.

L’area del Parco presenta una grande varietà di esposizioni e di quote altimetriche, caratteristiche che hanno generato diversi ambienti, da quelli più freddi e nudi, alle foreste, alle colline, tutti di elevato valore naturalistico e paesaggistico.

I versanti montani dai 900 m fino ai 1.800 m sono caratterizzati da estese faggete, le quali di rado lasciano il posto ad altre formazioni, fra tutte risaltano i rimboschimenti a conifere. Lungo i corsi d'acqua i faggi lasciano il posto a salici, pioppi e ontani.. Nel Parco sono presenti anche i castagneti, localizzati sempre vicino ai centri abitati, a testimonianza dello stretto legame che univa questi boschi alle genti locali.

L’area è ricca di specie animali di grande interesse, legate soprattutto agli ecosistemi di alta quota. In particolare, gli uccelli costituiscono il gruppo più diversificato.

Nell’area sono visibili numerose forme di architettura montana come case in pietra e alcuni edifici di servizio in pietra, un tempo con un caratteristico tetto in paglia. Nei boschi invece spesso è possibile incontrare piccole costruzioni in pietra chiamati "metati", i quali servivano ad asciugare le castagne raccolte nei castagneti.

Per maggiori informazioni visita il sito ufficiale del Parco (www.parcoappennino.it/).

Percorsi Naturalistici (Area S.I.C. di Rio Rocca e La balena Valentina)

E' stata classificata come «Sito di interesse comunitario» la piccola valle della lunghezza di pochi chilometri, nota come Rio Rocca, in comune di Castellarano. Prende il nome dal Rio della rocca, un piccolo corso d'acqua, appena sotto il castello di San Valentino che, dopo un breve percorso, sfocia nel Secchia all'altezza di Veggia.

Nella parte superiore di questa valletta, in prossimità delle ultime cave ci sono le zone più interessanti dal punto di vista naturalistico. Qui, alla destra del Rio, sono presenti calanchi di argille risalenti al Pliocene, ricchi di fossili, da sempre oggetto di ricerca per paleontologi e appassionati. Le conchiglie di molluschi, gasteropodi e bivalvi testimoniano la presenza in passato di un bacino marino, con acque calme e temperature elevate.

Qui si è probabilmente arenata presso l'antica linea di costa l'ormai famosa balena Valentina, i cui resti sono stati rinvenuti solo pochi anni fa. Numerosi esemplari risulterebbero ancora sepolti.

Tra la vegetazione, tipica dei calanchi, da segnalare la presenza di diverse specie di orchidee spontanee (Orchis, Ophrys e Gynmadenia i loro nomi). In una di queste «praterie» alcuni anni fa sono stati rinvenuti i resti di un interessante rettile, probabilmente ucciso dal freddo di una primavera molto variabile: la Luscengola (Chalcides chalcides).

Le Salse di Regnano

Queste non le consigliamo a tavola! Le salse –infatti- sono vulcanetti freddi che nel Reggiano si trovano solo nel Vianese, a Regnano e a Casola di Querciola. La località di Regnano è facilmente raggiungibile da Viano, da cui dista 7 km, percorrendo la SP 89. E' la maggiore e la più conosciuta del Reggiano, forse superata in tutta l'Emilia, per estensione e attività, solo da quelle di Nirano (nel Modenese). Il fenomeno trae origine per risalienza da notevole profondità (alcune centinaia di metri), lungo un complesso di faglie, di acque miste a gas (soprattutto metano, ma anche idrogeno solforato) e ad altri idrocarburi (sono frequenti le tracce di bitume e petrolio).

Vengono così a giorno, sotto forma di fanghi, le argille di uno dei tanti "melanges" eocenici affioranti nel circondario ed un tempo compresi nelle cosiddette "argille scagliose": la presenza di sali, per lo più cloruri di sodio e potassio, deriva dal fatto che tali argille si sono deposte in ambiente marino. Da sottolineare il legame di causalità tra salse e giacimenti di idrocarburi, in via di esaurimento per fessurazione della copertura impermeabile (argillosa) in seguito a movimenti tettonici (per faglia). Anche buona parte delle acque risalenti non sono di infiltrazione nel terreno a seguito di precipitazioni, bensì fossili: sono rimaste cioè intrappolate nel sedimento durante la sua deposizione e, nell'ambito dei giacimenti petroliferi, si trovano per la loro maggior densità al di sotto delle rocce impregnate dagli idrocarburi. Dunque, poiché le salse non hanno niente a che fare con i fenomeni vulcanici, i fanghi emessi sono "freddi", cioè possiedono temperature simili a quelle dell'ambiente esterno: essendo la temperatura del sottosuolo più costante nell'arco dell'anno rispetto a quella della superficie, risultano solo un po' più freschi d'estate e relativamente tiepidi d'inverno. L'attività, molto maggiore in passato, è diminuita soprattutto in quest'ultimo secolo, ma risulta a tratti ancora notevole, tanto che le bocche lutivome assumono una forma a tronco di cono e le relative colate rimangono per un certo tempo in rilievo rispetto al piano di campagna, finchè non vengono dilavate dalle piogge. Anche se i "conetti" presentano carattere effimero, cambiando col passar del tempo di numero, forma e posizione, l'ubicazione della zona apicale della salsa è rimasta sostanzialmente stabile, almeno in epoca storica (si hanno tracce di una "paleosalsa" molto più ampia, che interessava anche il versante opposto dello spartiacque fra Regnano e Fondiano, risalenti almeno all'inizio dell'Olocene o più probabilmente al Pleistocene. L'area riveste infine una particolare importanza dal punto di vista floristico, ospitando una interessante vegetazione mioalofila lungo i canali di scolo dei fanghi salati.

Contrariamente ad altre salse emiliane, meno attive, che spesso vengono sconvolte dalle arature, la salsa di Regnano non è assoggettata a pratiche agricole; la vicinanza al centro abitato e la sua notorietà determinano tuttavia qualche problema, se non altro per la scarsa educazione di qualche visitatore che vi abbandona rifiuti di ogni tipo.

Per informazioni dettagliate: (http://www.appenninoreggiano.it/schede.asp?lang=it&d=salsa-di-regnano)

Osservatorio astronomico Lazzaro Spallanzani di Iano di Scandiano

Per gli appassionati, o anche i semplici curiosi, non lontano dalla nostra sede si trova l’Osservatorio astronomico Lazzaro Spallanzani che è immerso nel verde della bassa collina reggiana a Iano di Scandiano, a 145 metri sul livello del mare, a breve distanza da Scandiano ed a soli 10 minuti d’auto dall’Agriturismo.

L’intera struttura è costituita da quattro edifici distribuiti all’interno di un ampio parco, di cui: una palazzina che è la sede logistica dell’Associazione e tre cupole.

All’ingresso si incontra immediatamente una meridiana solare orizzontale che ricorda, nella forma, il grande osservatorio astronomico preistorico di Stonehenge, sebbene molto più piccolo.

Al centro dell’area si trova un anfiteatro, realizzato in sasso, che separa la palazzina dalle cupole e che è destinato alle lezioni dedicate al riconoscimento del cielo e delle costellazioni. L’osservatorio vero e proprio è costituito da tre singoli edifici o cupole rispettivamente: una di 3.5 metri; una di 4.5 metri, con annessa torre solare orizzontale di 18 metri; una di 5.5 metri e tutte attrezzate con un telescopio.

L’ampio parco e la ricchezza di verde rendono bella ed attraente l’intera struttura, dalla quale, grazie alla sua particolare ubicazione, è possibile ammirare il vasto panorama della pianura emiliana. Questa struttura, quindi, non è solamente un luogo di cultura, ma anche un piacevole ambiente nel quale trascorrere qualche instante in completa tranquillità durante una scampagnata domenicale o per scrutare il cielo nelle notti estive. Per maggiori informazioni consultare il sito http://asfa.altervista.org/

Principali destinazioni

L’agriturismo, facilmente raggiungibile dall’autostrada Bologna-Milano (a circa 25 min. dai caselli di Modena Nord e Reggio Emilia), è un luogo immerso nel verde, ideale per chi cerca tranquillità ed una parentesi di profondo relax. Costituisce poi un valido punto di partenza per raggiungere numerose mete culturali e percorrere itinerari paesaggistici. Di seguito le distanze e tempi di percorrenza per le diverse località:

Destinazione Dist. (KM) Tempo (min.)
Pieve di San Valentino (beato Rolando Rivi) 5 8
Maranello (Ferrari F1) 15 20
Salse di Regnano 15 20
Reggio Emilia 23 25
Modena 25 25
Castello Matilde di Canossa 30 40
Pietra di Bismantova/Parco Naz. App. Tosco Emiliano 40 40
Parma 60 55
Bologna 64 60
Mantova 80 70
Lago di Garda 140 100
Firenze 160 120
Milano 170 125
Rimini 190 130
Riv. Ligure di Levante (La Spezia/Cinque Terre) 190 140
Venezia 220 150
Roma 430 280

I prodotti enogastronomici tipici dell’Emilia

L'Emilia Romagna è considerata in tutto il mondo una delle regioni più ricche di prodotti tipici e giacimenti enogastronomici, tanto da guadagnarsi l'appellativo di "food valley".

La fama dell'Emilia Romagna è dovuta soprattutto a due perle gastronomiche: il prosciutto di Parma e il Parmigiano Reggiano, che sono diventati famosi in tutto il mondo.

Non c’è che l’imbarazzo della scelta, nel parlare di prodotti tipici dell’Emilia Romagna ed in particolare per il territorio emiliano delle vallate dei fiumi Secchia ed Enza, le specialità riconosciute a Denominazione d’Origine Protetta (DOP) oppure ad Indicazione Geografica Protetta (IGP), sono infatti numerose, tutte molto note e apprezzate, oltre ai già citati Prosciutto di Parma Dop e il formaggio Parmigiano Reggiano Dop, possiamo trovare altri prodotti come: Aceto Balsamico tradizionale di Modena Dop; Aceto Balsamico tradizionale di Reggio Emilia Dop; Aceto Balsamico di Modena Igp, Coppa di Parma Igp; Cotechino Modena Igp; Culatello di Zibello Dop; Fungo di Borgotaro DOP; Mortadella Bologna Igp; Prosciutto di Modena Dop; Salame Felino Igp; Zampone Modena Igp; Ciliegia di Vignola Igp;

I Piatti tipici del nostro territorio, ricchi di storia e tradizione, sono famosi ed invidiati in tutto il mondo: dai Tortelli verdi e di zucca ai Tortellini, ai salumi in genere e dal gnocco fritto alle tigelle, abbinati ad un ottimo bicchiere di vino rosso Lambrusco Doc o a un raffinato bicchiere di vino bianco di uva “Spergola” Doc (prodotto da un’uva autoctona del territorio), fanno della cucina emiliana una delle cucine regionali più succulente, tanto da essere incoronata da diverse riviste specializzate come “la regione dove si mangia meglio nel mondo”.

Oltre a poter acquistare direttamente dai produttori della zona i vari prodotti tipici è anche possibile visitare, a pochi chilometri dall’Agriturismo Il Vecchio Borgo, “caseifici sociali” dove ammirare il processo di caseificazione del Re dei formaggi, o visitare “cantine sociali” o private dove poter degustare e acquistare dell’ottimo vino Lambrusco Doc o dell’ottimo vino bianco Doc di uva Spergola.

Per gli ospiti che invece vogliono, nella quiete e nella tranquillità dell’agriturismo, degustare alcuni di questi prodotti e piatti tipici del nostro territorio, possiamo proporre l’adiacente ristorante/pizzeria convenzionato con l’agriturismo, mentre per chi desidera invece un esperienza unica, dove poter assaporare e vivere la tradizione enogastronomica locale con persone autentiche, generose, ed accoglienti con il turista, è possibile prenotare, presso la vicina fattoria didattica ubicata solo ad un centinaio di metri dall’agriturismo, il servizio di colazione e degustazione prodotti tipici che verranno serviti e offerti a diretto contatto con il proprietario della struttura e la sua famiglia.

Area d’interesse e attività

Luogo ideale per una forma di turismo genuino a contatto diretto con il territorio locale, al di fuori, ma vicino alle tradizionali mete turistiche. In grado di offrire sistemazioni in self catering di tutto conforto o in grado di creare, con i vicini esercizi pubblici e la fattoria didattica, dotata di palestra accogliente e immersa nel bosco, pacchetti su misura per piccoli gruppi (fino ad un max di 12-14 persone), con particolare attenzione agli aspetti enogastronomici, alla visita delle principali mete culturali e paesaggistiche della zona, ad attività d’arte ed artigianato locale, oltre a percorsi nella natura per bambini e genitori.